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Stop alla comunicazione ostile: una richiesta sempre più forte

Rifiutare la violenza verbale. Questo rappresenta uno dei temi più accesi nel dibattito socio-politico nazionale negli ultimi mesi. Ma può una norma che dovrebbe essere semplicemente alla base della comunicazione interpersonale quotidiana, ancor prima che di quella pubblica, essere alla base di nuovi movimenti e manifesti? Può, eccome. Il grande interesse che ruota attorno a questo tema in realtà mette in luce due ordini di fattori: il primo è l’abitudine sempre crescente a un’aggressività che è possibile riscontrare tanto negli esponenti politici che nella gente comune. Il secondo è la percezione che un uso e abuso di questi toni, al di là di un’ovvia attenzione immediata sul proprio messaggio, alla lunga non solo stanchi l’audience, ma contribuisca all’insorgere di una richiesta di linguaggi nuovi, più positivi e concreti. È molto difficile capire quale, tra quella popolare e quella dei personaggi pubblici protagonisti dell’attualità, sia l'”emittente” che per prima ha influenzato l’altra, utilizzando toni sempre più accesi e bellicosi.
È invece facile dire che si tratta di un modello comunicativo desunto in buona parte dai social media, i quali oggi hanno un ruolo sempre più importante nel determinare destini politici, ma anche la reputazione di aziende, prodotti e persone. Una situazione che consiglia di tenere sotto controllo il più possibile la propria web reputation, in particolare (ovviamente) per quelle realtà che possono faticare a seguirla quotidianamente, così da percepirla in modo chiaro: imprese, associazioni e movimenti di vario genere.

In relazione invece alla richiesta crescente di un abbassamento dei toni, si possono citare alcuni casi di grande rilevanza e che stanno avendo molto successo. Sono sempre di più, ad esempio, le adesioni al Manifesto della comunicazione non ostile: una proposta partita nel 2017, come
una carta che elenca dieci princìpi di stile utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete. Il Manifesto della comunicazione non ostile è un impegno di responsabilità condivisa
In questo decalogo sono riportate indicazioni che possono apparire banali, ma che in realtà vengono sempre più spesso dimenticate o accantonate:
dire e scrivere solo cose che avrei il coraggio di dire anche faccia a faccia; fare attenzione alle parole scelte perché rappresentano chi le comunica; prendersi il tempo di formulare compiutamente il proprio pensiero; ascoltare con apertura e onestà prima di parlare; scegliere parole per comprendere e farsi capire correttamente; essere consapevoli che le proprie parole hanno delle conseguenze; non trasformare in nemico chi ha idee diverse dalle mie; gli insulti non sono argomenti; alle volte anche il silenzio comunica
Ad oggi, in due anni, il Manifesto è stato adottato da molte pubbliche amministrazioni, istituzioni culturali, Università, associazioni, e ha ricevuto importanti premi come miglior campagna e azione pubblica di livello nazionale. Tra le varie declinazioni del Manifesto, c’è anche quella dedicata alle aziende: anche in questo caso vengono indicate poche e semplici regole per un dialogo trasparente e sincero fra aziende, clienti e stakeholder. È stato scritto partendo dal contributo di più di venti grandi imprese, e tra le indicazioni contenute nel decalogo una delle più importanti è
Si è ciò che si comunica. Quanto comunico rispecchia valori e identità miei e dell’azienda. Promuovo la fiducia e la trasparenza. Sono leale e intellettualmente onesto con i concorrenti. Curo la qualità di ciò che comunico così come curo quella di ciò che produco
Altro esempio molto interessante è il progetto “Odiare ti costa”, che ha lo scopo di fornire un appoggio legale pro-bono alle vittime di odio online, aiutandole a far valere i propri diritti. Cathy La Torre, giovane avvocatessa che ha collaborato a promuovere il progetto, lo scorso 13 dicembre a Bruxelles è stata insignita del Good Lobby Awards 2019.

Azioni che, a giudicare dal grande interesse generato, stanno intercettando un forte bisogno, un’esigenza che sempre più persone o comunque soggetti attivi nella comunicazione avvertono ormai con forza: una maggiore attenzione ai toni, una consapevolezza più profonda e diffusa della propria responsabilità nel lanciare qualsiasi tipo di messaggio, la voglia di ritornare a un linguaggio più pacato e costruttivo.

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